Archive of July 2023

Azione revocatoria: alcune sentenze rilevanti

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L'azione revocatoria ordinaria presuppone, per la sua esperibilità, la sola esistenza di un debito e non ha anche la sua concreta esigibilità pertanto, prestata fideiussione in relazione alle future obbligazioni del debitore principale, atti dispositivi del fideiussore successivi alla prestazione della fideiussione medesima, se compiuti in pregiudizio delle ragioni del creditore, sono soggetti alla predetta azione, ai sensi dell'articolo 2901, n. 1, prima parte, del codice civile, in base al solo requisito soggettivo della consapevolezza del fideiussore (e, in caso di atto a titolo oneroso, del terzo) di arrecare pregiudizio le ragioni del creditore. L'acquisto della qualità di debitore del fideiussore nei confronti del creditore precedente risale al momento della nascita del credito sicché a tale momento occorre far riferimento per stabilire se l'atto pregiudizievole sia anteriore o successivo al sorgere del credito. (Corte App. Palermo, sent. n. 1361, 20/07/2023)

La cessione di crediti costituisce modalità anomala di estinzione dell'obbligazione, come tale assoggettabile all'azione revocatoria ordinaria promuovibile dal curatore ex art. 66 L.F.; il principio della non sottoponibilità all'azione revocatoria dell'adempimento di un debito scaduto, fissato dall'art. 2901, comma 3, c.c., trova invero applicazione solo con riguardo all'adempimento in senso tecnico e non con riguardo a negozi, come la predetta cessione, riconducibili ad un atto discrezionale, dunque non dovuto, per il quale l'estinzione dell'obbligazione è l'effetto finale di un negozio, soggettivamente ed oggettivamente diverso da quello in virtù del quale il pagamento è dovuto; né l'irrevocabilità dell'atto di disposizione può conseguire alla dimostrazione da parte del debitore dell'assenza di alternative per soddisfare il debito scaduto, principio applicabile in relazione a fattispecie disciplinate dall'art. 2901 c.c., ma non nell'ambito dell'azione revocatoria di cui all'art. 66 L.F., posta a tutela della "par condicio creditorum". (Cass. Civ. Sez. III, 07/06/2023, n. 16013)

Per l'esercizio dell'azione revocatoria il requisito del consilium fraudis non è richiesto, essendo sufficiente la sussistenza degli altri due requisiti e, in particolare, l'eventus damni e la consapevolezza del debitore del danno cagionato. La posizione del fideiussore poi può essere assimilata a quella del debitore, sicché l'azione revocatoria può essere esperita anche nei suoi confronti. (Trib. Patti, sent. n. 493, 12/05/2023)

L'azione revocatoria ordinaria mira a rendere inopponibili al creditore gli atti con cui il debitore, disponendo del proprio patrimonio, lo sottrae in tutto o in parte alla garanzia del creditore medesimo, mettendo così in pericolo il soddisfacimento delle ragioni di costui. Tale azione, dunque, non incide sulla validità di quegli atti, ma (ricorrendo le condizioni prescritte dalla legge) ne sterilizza gli effetti nei confronti del creditore che si sia avvalso di tale rimedio, consentendo perciò a costui di aggredire poi esecutivamente i beni usciti dal patrimonio del debitore come se vi fossero ancora ricompresi. Pur non essendo, quindi, in senso proprio, un'azione esecutiva, tale azione è comunque naturalmente orientata a finalità esecutive, come inequivocabilmente testimonia il disposto dell'art. 2902 c.c. (Trib. Biella, sent. n. 151, 20/04/2023)

In tema di azione revocatoria, rileva una nozione lata di credito, comprensiva della ragione o aspettativa, con la conseguenza che anche il credito eventuale, in veste di credito litigioso, è idoneo a determinare l'insorgere della qualità di creditore abilitato all'esperimento dell'azione revocatoria ordinaria avverso l'atto dispositivo compiuto dal debitore, a nulla rilevando che sia di fonte contrattuale o derivi da fatto illecito e senza che vi sia necessità della preventiva introduzione di un giudizio di accertamento del medesimo credito o della certezza del fondamento dei relativi fatti costitutivi, in coerenza con la funzione di tale azione, che non persegue fini restitutori. (Cass. Civ. Sez. III, 04/04/2023, n. 9278)

La sentenza di accoglimento dell’azione revocatoria giova al cessionario del creditore ope legis. Stabilisce infatti l’art. 2902 c.c. che il creditore, per effetto dell’accoglimento della domanda di revocazione d’un atto dispositivo, “può promuovere l’azione esecutiva” nei confronti dell’avente causa del debitore. Se dunque il credito tutelato con l’azione revocatoria si trasferisce per effetto di cessione, anche il cessionario acquista ipso iure il diritto di “promuovere l’azione esecutiva”, che non sarebbe concepibile scisso dal credito ceduto. (Cass. Civ. Sez. III, 23/06/2022, n. 20315)

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'


Mutuo fondiario: cos’è, caratteristiche e vantaggi

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Per mutuo fondiario si intende un contratto di finanziamento a medio o lungo termine, che può essere richiesto per l’acquisto di un immobile da adibire ad abitazione principale o ai fini della ristrutturazione dello stesso. In altre parole, si tratta di un contratto di finanziamento sottoscritto con una Banca alla quale si domanda la concessione, con obbligo restitutivo, in un periodo di tempo che varia da un minimo di dodici mesi ad un massimo di trenta anni, di una determinata somma di denaro per l’acquisto, la costruzione o la ristrutturazione della prima casa. Il mutuo fondiario trova la sua disciplina nell’articolo 39 del Testo Unico Bancario (TUB). Il finanziamento non può essere superiore all’80% del valore dell’immobile e deve essere accompagnato da ipoteca di primo grado sull’immobile dato in garanzia (sul bene, cioè, non devono risultare iscritte ipoteche precedenti), affinché, in caso di inadempienza del consumatore (mancati pagamenti delle rate da parte del mutuatario), la Banca potrà rivalersi per prima sull’immobile ipotecato. Nel mutuo fondiario, è la Banca d'Italia a stabilire il massimo importo delle somme da erogare, in base al valore dell’immobile ipotecato o in ordine ai costi degli interventi di ristrutturazione da effettuare sullo stesso. Il contratto di mutuo fondiario si differenzia dal contratto di mutuo ipotecario, per il fatto che quest’ultimo ha durata inferiore e può essere richiesto anche per altre finalità (per esempio, per l’acquisto di una seconda casa o la rinegoziazione di un mutuo già in corso). La giurisprudenza (Cass. n. 17352/2017), ha affermato che in caso di concessione di un mutuo fondiario con una copertura del prezzo di acquisto superiore all’80% (del prezzo di vendita o del valore periziato in base a quanto stabilito dal contratto), il finanziamento è da considerarsi nullo. Conseguentemente, trattandosi di nullità totale, l’Istituto di credito può trasformare il mutuo da fondiario a ipotecario. La trasformazione in questione non opera sia nel caso in cui il mutuatario sia consapevole della nullità del contratto e/o della violazione del limite legale, sia qualora la nullità derivi da illiceità del contratto (che si ha, ad esempio, quando il contratto viene stipulato non considerando un espresso divieto normativo). I principali vantaggi del mutuo fondiario concernono tassi di interesse applicati e spese notarili decisamente inferiori rispetto ai mutui ipotecari, nonché un regime fiscale agevolato. Inoltre, il mutuo fondiario può essere estinto immediatamente pagando le relative commissioni previste dalla Banca, il che implica la cancellazione automatica e immediata dell’ipoteca sull’immobile.

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'


Mutuo: decreto ingiuntivo e clausole contrattuali abusive, l’ordinanza del Tribunale di Catania

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Nella vicenda sulla quale si è pronunciato il Tribunale di Catania con l’ordinanza del 3 luglio 2023, una Banca otteneva un decreto ingiuntivo nei confronti di due consumatori inadempienti. Nella fattispecie esaminata, il giudice aveva emesso un decreto ingiuntivo con cui ordinava a due mutuatari (debitori) di estinguere l’obbligazione che gli stessi avevano assunto nei confronti della Banca (creditore). Poiché i due consumatori non avevano adempiuto al loro dovere nonostante l’ordine del giudice, il decreto ingiuntivo era nel frattempo divenuto esecutivo con diritto dell’Istituto di credito a pignorare i beni dei due debitori. Il Tribunale di Catania, ribadendo consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, precisava che in circostanze del genere, il giudice dell’esecuzione è tenuto a controllare d'ufficio l'eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto di finanziamento. Inoltre, lo stesso giudice ha il dovere di informare le parti dell'esito del controllo svolto, avvertendo il consumatore che entro 40 giorni da tale informazione può proporre opposizione al decreto ingiuntivo al fine di far accertare il carattere abusivo delle clausole incidenti sul credito vantato dalla Banca, domandando in tal modo la sospensione dell’esecutività del decreto ingiuntivo. Pertanto, nella vicenda esaminata, il giudice catanese, ritenendo necessaria l’acquisizione del contratto di finanziamento richiamato nel ricorso per decreto ingiuntivo, ordinava all’Istituto di credito di produrre tale documento nel termine di 60 giorni dalla comunicazione dell’ordinanza, appunto per verificare se il contratto di finanziamento fosse regolare e trasparente oppure no. La giurisprudenza, schierandosi ancora una volta dalla parte del mutuatario/consumatore, ha voluto sottolineare l’importanza di esaminare il contratto di mutuo per verificare la presenza o meno di clausole abusive; difatti, la presenza di clausole abusive nel contratto di finanziamento determina l’irregolarità dello stesso e, di conseguenza, la sua invalidità. Se sei interessato a verificare la presenza di anomalie nel tuo contratto di mutuo, puoi chiedere una Pre-Analisi Gratuita a Cesynt Advanced Solutions spa, e qualora volessi contestare l’irregolarità del finanziamento alla Banca, la predetta società, che lavora nel settore da oltre quindici anni, oltre a seguire e gestire le diverse attività di consulenza, potrà aiutarti grazie anche all’intervento degli avvocati con i quali è convenzionata.

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'


Compiuta giacenza della raccomandata: no all’irrogazione della sanzione da parte dell’Ispettorato del Lavoro

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La Suprema Corte, con la sentenza n. 15237/2023 ha stabilito che nell’ipotesi di mancata comunicazione all'Ispettorato del Lavoro di informazioni in materia di lavoro ex art. 4 L. 628/1961 oppure qualora le stesse vengano date in maniera consapevolmente scorretta, ai fini della sanzione non può essere considerata sufficiente una notifica per compiuta giacenza. Nella vicenda in esame, i giudici di merito trasmettevano alla Corte di Cassazione l'impugnazione proposta dal Procuratore della Repubblica avverso la sentenza del Tribunale, con cui Tizio era stato assolto dal reato ascrittogli, di cui all'articolo 4, ultimo comma, della Legge n. 628 del 1961 (in qualità di datore di lavoro, Tizio non aveva trasmesso le notizie richiestegli, attraverso l’invio di una raccomandata, dall’Ispettorato del Lavoro), poiché, ai sensi dell'articolo 593, comma 3, c.p.p., non sono appellabili le sentenze di proscioglimento relative alle contravvenzioni punite con pena alternativa. Pertanto, ai sensi dell'articolo 569, comma 5, c.p.p., l'atto di impugnazione era stato qualificato dalla Corte distrettuale come ricorso per cassazione. I giudici di legittimità, confermando la statuizione dei giudici di secondo grado, sottolineavano che, relativamente alla fattispecie di cui all'art. 4, ultimo comma, Legge n. 628 del 1961, che sanziona penalmente chi non trasmette le notizie richieste dall'Ispettorato del Lavoro o le fornisce in modo errato e incompleto, non può essere considerata sufficiente una notificazione per compiuta giacenza. Per gli Ermellini, l'effettiva conoscenza della richiesta deve essere ritenuta necessaria in quanto fonte diretta dell'obbligo sanzionato penalmente. I giudici di piazza Cavour chiarivano che la compiuta giacenza concerne piuttosto quei casi in cui le comunicazioni sono dirette a soggetti che hanno già commesso reati e, dunque, hanno piena contezza della finalità di tali atti, provenienti dalle amministrazioni competenti e diretti ad attivare meccanismi di eliminazione o non punibilità dei reati stessi. In virtù di ciò, il Tribunale Supremo rigettava il ricorso del pubblico ministero.

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'


È lecita l’installazione del condizionatore sul lastrico solare se dal regolamento emerge l’obbligo per il condomino di installarlo sul suo balcone?

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Il fatto che il regolamento condominiale obblighi il singolo condomino a installare l’impianto di climatizzazione sul proprio balcone non ne impedisce l’installazione sulle parti comuni dell’edificio, come, ad esempio, il lastrico solare. Ciò è quanto ha stabilito la Corte d’Appello di Roma con la sentenza n. 4099/2023. Tizia, proprietaria di alcune unità immobiliari site nel condominio Alfa, citava in giudizio, innanzi al Giudice di Pace, l’ente di gestione per sentir dichiarare l’annullamento della delibera assunta dall’assemblea con riferimento al punto n. 3 dell’ordine del giorno che le imponeva l’immediata rimozione dei motori per il condizionamento dei suoi locali che aveva installato sul lastrico solare, nonché il ripristino dello stato dei luoghi. L’attrice asseriva di essere legittimata all’installazione in questione, rientrando ciò nelle facoltà concesse al condomino dall’art. 1102 c.c. Resisteva il Condominio che eccepiva l’incompetenza per materia del Giudice di Pace adito e, nel merito, ne chiedeva il rigetto. Il Giudice di Pace dichiarava la propria incompetenza; la causa veniva riassunta da Tizia innanzi al Tribunale, che rigettava la domanda e condannava l’attrice al pagamento delle spese processuali. Tizia proponeva appello asserendo la legittimità dell’installazione dei motori di condizionamento sul lastrico solare, essendo ciò perfettamente in linea con il disposto dell’art. 1102 c.c., secondo cui “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa”. I giudici del gravame davano ragione a Tizia accogliendo l’appello. La Corte territoriale precisava quanto segue: • l’art. 5 del regolamento condominiale prevede che sulle proprietà private dei condòmini è consentita l’installazione di motori per la climatizzazione esclusivamente all’interno dei balconi di proprietà a distanza di almeno cm 150 dal parapetto; • non è contestato fra le parti che i locali di proprietà dell’appellante, ubicati al quarto piano dello stabile, siano privi di balconi, dotati esclusivamente di finestre insistenti sulla facciata; • ai sensi dell’art. 1102 c.c., ciascun partecipante può servirsi della cosa comune a condizione che non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto; • il posizionamento di un impianto di condizionamento sul lastrico solare, in particolare, non esclude il pari godimento della cosa da parte degli altri condòmini e non costituisce alterazione della destinazione del bene (Cass. 10968/2014); • l’utilizzo di una singola porzione di un bene in comproprietà fra i condòmini (ad esempio di una piccola porzione sul lastrico per installare l’impianto di condizionamento), non può considerarsi “sottrazione” di spazi comuni. Pertanto, secondo la Corte capitolina, l’intervento in questione, tenuto anche conto della esiguità dell’area occupata, doveva considerarsi legittimo e non poteva essere impedito.

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'