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Danneggiamento e aggravante dell’esposizione alla pubblica fede

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Con la sentenza n. 30243/2023, la Corte di Cassazione si è pronunciata sull’applicabilità dell’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede nel delitto di cui all’art. 635 c.p. Nel caso in esame, Tizio aveva danneggiato volontariamente alcune automobili presenti nel parcheggio del condominio, tagliando pneumatici e rompendo specchietti e tergicristalli. Avverso la sentenza d’appello, Tizio, a mezzo del suo difensore, proponeva ricorso in Cassazione asserendo la non sussistenza dell'aggravante dell’esposizione alla pubblica fede, sulla base di tre distinte circostanze emerse nell'istruttoria dibattimentale: • la vettura era parcheggiata in un'area condominiale e non sulla pubblica via; • il parcheggio era controllato da un sistema di videosorveglianza; • le condotte si sarebbero svolte alla presenza delle persone offese. La Suprema Corte dava torto a Tizio stabilendo che l’aggravante in questione consegue alla impossibilità per il titolare del diritto di proprietà sulla cosa oggetto dell'azione delittuosa di esercitare una vigilanza continua sul bene. Pertanto, non rilevano né l'accidentale presenza del suddetto titolare al momento della commissione del fatto, ogni qualvolta l'agente abbia fatto affidamento sulla sua ordinaria impossibilità di sorvegliare in modo costante la cosa propria, né l'esistenza, nel luogo in cui si consuma il delitto, di un sistema di videosorveglianza, mero strumento di ausilio per la successiva individuazione degli autori del reato non idoneo a garantire l'interruzione immediata dell'azione criminosa. Nella fattispecie esaminata, i giudici di secondo grado avevano applicato correttamente detti principi di diritto rilevando come l'area esterna fosse agevolmente accessibile a soggetti esterni, come risultava dalle denunce-querele presentate dalle persone offese e dalla stessa circostanza che Tizio vi avesse fatto ingresso per due volte di seguito durante la stessa serata. Per quanto concerne la presenza di riprese di sicurezza, la Corte territoriale ne aveva affermato l'irrilevanza ai fini dell'esclusione dell'aggravante in questione, dal momento che il congegno di monitoraggio non costituiva una difesa assoluta contro la sottrazione o il danneggiamento. I giudici di appello non avevano preso espressa posizione sull'eventuale venir meno dell'aggravante in ragione della presenza sul posto delle persone offese. Del resto, tale omissione era stata una conseguenza della mancanza di uno specifico punto di gravame: difatti, nell'atto di appello, le censure si incentravano esclusivamente sulla collocazione delle automobili all'interno degli spazi condominiali, coperti dalle telecamere di videosorveglianza. Ai sensi degli artt. 606, comma 3, e 609, comma 2, c.p.c., a pena di inammissibilità, non possono essere dedotte in cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello, tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del giudizio o di quelle che non sarebbe stato possibile dedurre in grado d'appello. In virtù di ciò, il Tribunale Supremo dichiarava inammissibile il ricorso.

AVV. GIUSEPPINA MARIA ROSARIA SGRO'