Negli ultimi anni, il web è diventato uno strumento fondamentale per la promozione e la visibilità di qualsiasi professionista. Chi non dispone di un sito internet rischia di essere penalizzato in diversi modi. Vediamo insieme alcuni dei principali svantaggi che può avere un professionista che non ha un proprio sito web:
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Mancata visibilità: Senza un sito internet, un professionista rischia di essere invisibile agli occhi di potenziali clienti. Nel mondo digitale di oggi, la maggior parte delle persone ricerca informazioni su servizi e professionisti online, e se non si trova un sito web dedicato al professionista, è probabile che venga trascurato a favore della concorrenza.
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Credibilità compromessa: Un sito internet è uno strumento importante per costruire la propria reputazione online. Senza un proprio spazio web, un professionista potrebbe risultare meno credibile agli occhi dei potenziali clienti, che potrebbero preferire affidarsi ad altre figure con una presenza digitale più solida.
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Limitate opportunità di marketing: Un sito internet permette di promuovere i propri servizi in modo efficace e capillare, attraverso l'utilizzo di strategie di marketing online come l'ottimizzazione per i motori di ricerca (SEO) e il content marketing. Senza un sito web, un professionista si priva di importanti strumenti per promuovere la propria attività e acquisire nuovi clienti.
- Difficoltà nel gestire la propria reputazione: In assenza di un sito internet, un professionista potrebbe avere difficoltà nel gestire eventuali recensioni negative o commenti diffamatori su di sé. Un sito web può essere utilizzato anche come strumento di risposta e difesa in caso di controversie online, permettendo al professionista di difendere la propria reputazione e gestire eventuali critiche in modo professionale.
In conclusione, non avere un sito internet comporta numerosi svantaggi per un professionista, compromettendo la sua visibilità, credibilità e opportunità di marketing. È quindi fondamentale per qualsiasi professionista che desideri distinguersi nella propria attività investire nella creazione di un sito web professionale e ben curato.
Perché oggi il 72% dei professionisti ha già un sito internet.
Un sito internet è diventato uno strumento fondamentale per i professionisti di ogni settore. Che si tratti di un avvocato, un ingegnere, un architetto, un medico o un designer, avere una presenza online è essenziale per raggiungere e attirare clienti potenziali ma soprattutto per accrescere la propria autorevolezza.
Uno dei principali motivi per cui un sito internet è così importante per i professionisti è la possibilità di presentare i propri servizi in modo professionale e dettagliato. Attraverso un sito web, è possibile descrivere chi siamo, cosa facciamo e quali sono i nostri punti di forza in modo chiaro e convincente. Un sito ben progettato e curato trasmette professionalità e serietà, elementi che sono fondamentali per attrarre clienti fiduciosi e soddisfatti.
Inoltre, un sito internet permette ai professionisti di essere reperibili in qualsiasi momento e da qualsiasi luogo. Grazie alla presenza online, i clienti possono cercare informazioni sui servizi offerti senza dover necessariamente contattare direttamente il professionista. Questo non solo facilita la comunicazione tra professionista e cliente, ma permette anche di raggiungere un pubblico più ampio e diversificato.
Un altro vantaggio di avere un sito internet è la possibilità di mostrare il proprio portfolio o i propri lavori passati. I professionisti possono condividere casi di successo, progetti realizzati, recensioni e testimonianze dei clienti, dimostrando così la propria competenza e professionalità. Questo può essere un ottimo strumento per convincere i potenziali clienti della propria capacità di risolvere i loro problemi o soddisfare le loro esigenze.
Infine, un sito internet è fondamentale per rimanere competitivi sul mercato. Con la crescita dell'uso di internet da parte dei consumatori, chi non ha una presenza online rischia di restare indietro rispetto alla concorrenza. Un sito web ben ottimizzato per i motori di ricerca può aiutare i professionisti a posizionarsi tra i primi risultati di ricerca e ad essere trovati più facilmente dai clienti interessati ai propri servizi.
In conclusione, un sito internet è un potente strumento di marketing e comunicazione per i professionisti, che permette loro di presentarsi in modo professionale, essere reperibili in qualsiasi momento e mostrare la propria esperienza e competenza. Investire nella creazione e nella cura di un sito internet è quindi fondamentale per chiunque voglia distinguersi e avere successo nel proprio settore professionale.
Sempre più spesso ci capita di ricevere clienti portatori di ingenti crediti nei confronti di attività imprenditoriali le quali, al momento del tentativo di riscossione, risultano improvvisamente dileguate nel nulla oltrechè, ovviamente, in stato di liquidazione, se non già definitivamente cancellate dalle Camere di Commercio di competenza.
Nella maggior parte dei casi, vuoi per la particolare scaltrezza dell’imprenditore fedifrago, vuoi per il fatto che l’impresa (purtroppo, e succede spesso) ha effettivamente chiuso i battenti per non essere più in grado di adempiere alle proprie obbligazioni, il credito va considerato come elargito in beneficienza ovvero, nella migliore delle ipotesi, “messo a perdita” ai sensi della vigente normativa fiscale.
Non sempre, però, tutto è perduto.
Può capitare infatti, ed anzi, capita frequentemente, che l’imprenditore-debitore ritenga di poter sfruttare la limitazione di responsabilità giuridica della propria organizzazione societaria, abbandonandola, affogata di debiti, al proprio destino, per poi risorgere, come fenice dalla cenere, sotto altro nome (sempre societario) ma svolgendo, impunemente, praticamente e senza soluzione di continuità, la stessa attività della prima, senza neanche subire il disposto dell’art.2560, II° co., c.c., così fastidiosamente incidente sul trasferimento dei debiti da azienda cedente ad azienda ceduta.
La cospicua frequenza, come detto, di dette operazioni, e la conseguente ripetitività di azioni giudiziarie volte all’accertamento della sottostante operazione disonesta, hanno portato alla creazione della figura giurisprudenziale della “cessione d’azienda occulta”, secondo la quale, qui in estrema sintesi, laddove si riscontri, secondo i criteri che vedremo, una sostanziale identità, ovvero, un fattuale trasferimento d’azienda tra una società ed un'altra, la seconda potrà essere ritenuta giudizialmente responsabile dei debiti della prima. Analizzando infatti i numerosi casi concreti verificatisi, ci si accorge della sussistenza in tutti della stessa, ricorrente ed inequivocabile circostanza che il “secondo” (medesimo) imprenditore, vuoi per questioni affettive, vuoi, verosimilmente, per necessità di gestione dell’attività commerciale, non riesce mai a staccarsi completamente dalla prima azienda, se non facendo una blanda operazione di camouflage e dunque, esaminando le visure camerali delle due società riscontreremo: le stesse partecipazioni societarie, se seppure per quote diverse, e con aggiunta di nuovi soggetti; un identico oggetto sociale; una molto simile denominazione sociale; sede principale, o secondarie, immutate / scambiate .. etc..
Esaustivamente dirimente, sul punto, una sentenza del Tribunale di Treviso del 30 novembre 2018 n. 2395, tuttora immutata ed incontrastata, la quale, con ampia ed esauriente motivazione, ha rigettato l’opposizione ad un decreto ingiuntivo concesso in favore di un creditore di fatto subentrato nell’esercizio dell’azienda gestita da una -dissimulata- cedente, qui sostenendo la tesi della cessione occulta d’azienda e stabilendo che detta cessione occulta può essere provata dal creditore tramite presunzioni semplici, seppure gravi, precise e concordanti, chiaramente identificando e classificando le più rilevanti, quali, ad esempio:
- l’identità della ditta;
- l’identità della sede;
- l’esercizio di attività sostanzialmente similare;
- l’utilizzo di medesimi/simili recapiti e di domìni internet, tutti facilmente riconducibili alla “cedente”.
Insomma, così come nei più classici dei romanzi gialli, l’assassino torna sempre sulla scena del delitto, così l’imprenditore/debitore-cedente/ceduto torna, anzi non va mai via, dalla propria comfort-zone d’impresa.
Ed è proprio lì che, se si vuole tentare di recuperare un credito ritenuto perso, bisogna andare a cercare.
Il Consiglio di Stato ha confermato la scadenza delle concessioni demaniali, individuando il termine finale di durata delle concessioni in essere alla data di entrata in vigore della legge n. 118 del 2022, al 31 dicembre 2023
Il ricorso presentato dal proprietario di uno stabilimento
Il caso che ci occupa prende avvio dal ricorso presentato dal proprietario di uno stabilimento balneare a Rapallo dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, con il quale il ricorrente aveva messo in rilievo che, i provvedimenti amministrativi adottati nei confronti dello stabilimento balneare e volti “ad avviare il procedimento per il riconoscimento dell’estensione dei rapporti autorizzanti l'occupazione dei beni demaniali marittimi per attività turistico-ricreative”, si ponevano in contrasto con l’art. 1, commi 682-683, della l. n. 145 del 2018 e l’art. 182, comma 2, del d.l. n. 34 del 2020, convertito in l. n. 77 del 2020, che prevedevano la proroga delle concessioni demaniali marittime fino al 31 dicembre 2033.
Il procedimento di primo grado si era concluso con una sentenza d’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse.
Il necessario contesto concorrenziale della concessione demaniale
Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 3940/2024, ha respinto il proposto dallo stabilimento balneare e per l’effetto, ha confermato, anche ai sensi di cui in motivazione, la sentenza di primo grado impugnata.
Il Consiglio di Stato ha anzitutto ripercorso i fatti di causa, affermando da subito che il “primo giudice ha invero correttamente ritenuto il ricorso di primo grado improcedibile per la sopravvenienza della l. n. 118 del 2022 le cui disposizioni e, in particolare, l’art. 3, comma 1, hanno stabilito il termine finale di durata delle concessioni in essere alla data di entrata in vigore della legge stessa al 31 dicembre 2023”.
Il Giudice amministrativo, anche richiamando i principi sanciti dalla Corte di Giustizia Ue e dalla giurisprudenza europea formatasi sul punto, ha inoltre messo in rilievo come, qualora si optasse per l’accoglimento delle richieste avanzate dall’appellante e quindi si provvedesse all’annullamento dei provvedimenti amministrativi impugnati, l’effetto sarebbe in ogni caso opposto a quello desiderato dallo stabilimento balneare, posto che occorrerebbe “dare immediatamente corso alla procedura di gara per assegnare la concessione in un contesto realmente concorrenziale”.
Nella medesima direzione argomentativa, il Giudice amministrativo ha aggiunto che non sono sostenibili le affermazioni compiute dall’appellante “sulla base di mere affermazioni apodittiche, con particolare riferimento alla sussistenza di un interesse transfrontaliero certo nonché alla scarsità della risorsa, che la concessione in capo all’odierna appellante sarebbe senz’altro sfornita del requisito dell’interesse transfrontaliero certo richiesto dalla Direttiva 2006/123/CE, come sarebbe evidente ove si tenga conto della sua limitata rilevanza economica nonché dell’ubicazione e della consistenza dell’area della concessione”.
Rispetto alle suddette affermazioni operate dallo stabilimento balneare, il Consiglio di Stato ha affermato che “Si tratta di meri assunti, sforniti di prova, in quanto la risorsa è sicuramente scarsa (…) e la presenza o l’assenza dell’interesse transfrontaliero non dipende certo dalla mera – peraltro solo affermata – limitata rilevanza economica della concessione”.
Sulla scorta delle sopracitate motivazioni il Consiglio si Stato ha dunque respinto le doglianze formulate dall’appellante, confermando gli esiti cui era giunto il Giudice di prime cure.
Il nuovo testo contiene norme in materia di strategia nazionale, autorità nazionali, azioni di promozione, tutela del diritto di autore e sanzioni penali
Con comunicato stampa n. 78 del 23 aprile 2024, il Consiglio dei Ministri ha reso noto di aver approvato un disegno di legge per l’introduzione di disposizioni e la delega al Governo in materia di intelligenza artificiale.
Di cosa si occupa il DDL in materia di intelligenza artificiale
Il disegno di legge si propone di introdurre dei criteri regolatori volti a riequilibrare “il rapporto tra le opportunità che offrono le nuove tecnologie e i rischi legati al loro uso improprio, al loro sottoutilizzo o al loro impiego dannoso”.
Il disegno di legge introduce altresì disposizioni idonee a promuovere l’utilizzo delle nuove tecnologie, viste le potenziali ripercussioni delle stesse sul miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini e della coesione sociale, nonché di inserire regole capaci di offrire soluzioni per la gestione del relativo rischio.
In quest’ottica, ha spiegato il Governo nel suddetto Comunicato stampa, il disegno di legge non si sovrapporrà al Regolamento europeo sull’intelligenza artificiale (approvato lo scorso 13 marzo dal Parlamento Europeo), bensì ne accompagnerà il quadro regolatorio in quegli spazi propri del diritto interno.
Quali sono gli ambiti d’intervento del DDL
Il disegno di legge ha ad oggetto cinque ambiti d’intervento: la strategia nazionale, le autorità nazionali, le azioni di promozione, la tutela del diritto di autore, le sanzioni penali.
È inoltre prevista una delega al governo per adeguare l’ordinamento nazionale al Regolamento UE in materie come “l’alfabetizzazione dei cittadini in materia di IA (sia nei percorsi scolastici che in quelli universitari) e la formazione da parte degli ordini professionali per professionisti e operatori”.
La delega, infine, riguarda anche la materia penale al fine di adeguare l’apparato normativo e sanzionatorio all’uso illecito dei sistemi di IA.
L’intelligenza artificiale nei settori produttivi
Il DDL stabilisce che “il ciclo di vita dei sistemi e dei modelli di intelligenza artificiale debba basarsi sul rispetto dei diritti fondamentali e delle libertà dell’ordinamento italiano ed europeo oltre che sui principi di trasparenza, proporzionalità, sicurezza, valorizzazione anche economica del dato, protezione dei dati personali, riservatezza, robustezza, accuratezza, non discriminazione, parità dei sessi e sostenibilità”. È inoltre imposto il rispetto della cybersicurezza lungo tutto il ciclo di vita dei sistemi e dei modelli di intelligenza artificiale.
Il Governo ha altresì previsto che l’uso dell’I.A. non deve comportare pregiudizio per la vita democratica del Paese e delle istituzioni. Nella medesima direzione, il DDL ha stabilito che “L’utilizzo dei sistemi di IA nei mezzi di comunicazione deve avvenire senza pregiudizio ai principi di libertà e pluralismo alla libertà di espressione e del diritto all’obiettività, completezza, imparzialità e lealtà dell’informazione”.
Lo Stato promuove l’IA nei settori produttivi al fine di migliorare la produttività e avviare nuove attività economiche per il benessere sociale, nel rispetto principio generale della concorrenza nel mercato, dell’utilizzo e della disponibilità di dati ad alta qualità.
Di seguito si riporta una sintetica descrizione di alcuni degli ambiti d’intervento di cui si occupa il DDL in esame.
Disposizioni in materia di sanità e disabilità
Di particolare rilievo è l’intervento del DDL in ambito sanitario e disabilità rispetto al quale viene anzitutto garantito alle persone con disabilità il pieno accesso ai sistemi di intelligenza artificiale senza forme di discriminazione nei loro riguardi.
In tale settore, il disegno di legge stabilisce infatti che l’intelligenza artificiale non può in alcun modo “selezionare con criteri discriminatori condizionando e restringendo l’accesso alle prestazioni sanitarie”.
Il Governo si occupa pertanto di promuovere la diffusione dei sistemi di IA finalizzati “all’inclusione, le condizioni di vita e l’accessibilità delle persone con disabilità”.
Di particolare rilievo è la previsione secondo cui la spettanza della decisione alla professione medica deve sempre rimanere impregiudicata.
Disposizioni in materia di lavoro
Il Governo stabilisce che in materia di lavoro si “applica il principio antropocentrico all’utilizzo dell’IA nel mondo del lavoro, chiarendo che l’intelligenza artificiale può essere impiegata per migliorare le condizioni di lavoro, tutelare l’integrità psico-fisica dei lavoratori, accrescere la qualità delle prestazioni lavorative e la produttività delle persone in conformità al diritto dell’Unione europea”.
Anche in tale ambito viene ribadito il principio di equità e non discriminazione, dal momento che l’applicazione dei sistemi di intelligenza artificiale per l’organizzazione o la gestione del rapporto di lavoro non può in nessun caso produrre effetti discriminatori.
Per le professioni di natura intellettuale il DDL stabilisce che “il pensiero critico umano debba sempre risultare prevalente rispetto all’uso degli strumenti di intelligenza artificiale” i quali possono pertanto avere solo valore di supporto rispetto all’attività professionale.
Disposizioni in materia di attività giudiziaria
Nell’ambito dell’amministrazione della giustizia è consentito l’utilizzo dell’IA esclusivamente per finalità di tipo strumentale e di supporto, vale a dire “per l’organizzazione e la semplificazione del lavoro giudiziario nonché per la ricerca giurisprudenziale e dottrinale anche finalizzata all’individuazione di orientamenti interpretativi”.
In tal senso, dunque, è sempre “riservata al magistrato la decisione sull’interpretazione della legge, la valutazione dei fatti e delle prove e sull’adozione di ogni provvedimento inclusa la sentenza”.