Partiamo dal presupposto che l’Autorizzazione Paesaggistica sia un atto autonomo richiesto in virtù di una specifica disciplina, con validità di cinque anni.
Negli interventi di edilizia libera l’autorizzazione de quò risulta necessaria laddove presente vincolo paesaggistico, dovendo conseguire preliminarmente all’inizio dei lavori tale atto di assenso.
Se volessimo dare uno sguardo al rapporto tra titolo edilizio ed autorizzazione paesaggistica, emerge dall’art.146 comma 9 del D.Lgs 42/2004 essere l’Autorizzazione Paesaggistica “atto autonomo e presupposto dei titoli edilizi” ragion per cui il titolo abilitativo edilizio non può essere rilasciato o reso effettivo senza il previo parere, nulla osta o autorizzazione favorevole da parte della Soprintendenza ai beni culturali ed ambientali.
Resta, comunque, come da costante giurisprudenza, valevole il fatto che la mancata acquisizione non renda illegittimo il titolo edilizio, più precisamente, trattandosi di due diverse tipologie di atti, autonomi l’uno rispetto all’altro.
Le disposizioni del Testo Unico per l’Edilizia, d. P.R. 380/2001 in relazione agli atti di assenso
Nell’introdurre la disciplina urbanistico – edilizia è l’art. 1 “Ambito di applicazione” al comma 1 a riportare il testo inerisca “i principi fondamentali e generali e le disposizioni per la disciplina dell’attività edilizia” facendo comprendere al lettore, al successivo comma 2, lo stesso testo unico per l’edilizia non attenga in alcun modo quanto riguardante normative settoriali specifiche, pertanto da quel punto di vista non ne legittima la liceità. In tal senso viene precisato, anche nel disciplinare l’attività edilizia non soggetta ad alcuna comunicazione allo Sportello Unico per l’Edilizia, ovvero al protocollo del Comune per gli enti sprovvisti di S.U.E., che non possano essere iniziati i lavori, sia nel recitare “Restano ferme le disposizioni in materia di tutela dei beni culturali e ambientali contenute nel decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (oggi decreto legislativo 42/2004), la normativa di tutela dell’assetto idrogeologico, e le altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia”.
Non si limita ancora il concetto disposto dal T.U.E., ripreso, ulteriormente al comma 1 dell’art.6 “Attività edilizia libera”, che testualmente recita: “Fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, delle norme antisimiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.42, i seguenti titoli sono eseguiti senza alcun titolo abilitativo edilizio […]”, proseguendo il disposto normativo con la elencazione delle opere.
Resta inteso che il mancato conseguimento dell’autorizzazione paesaggistica sia condizione di inefficacia, ma non di validità del titolo edilizio come confermato al prima citato comma 9 dell’art.146: “i lavori non possano essere iniziati in difetto dell’autorizzazione paesaggistica, senza riferimento al titolo edilizio”.
La campagna toscana si caratterizza per la presenza di piccoli casolari abbandonati o fatiscenti, memoria dei tempi che furono. A far rivivere uno di questi casolari è lo Studio Milani, rivisitando il concetto di ruralità e riportandolo verso il contemporaneo.
Il casolare domina la Val di Cecina posto in un’altura naturale e rivolto verso la città di Volterra in un contesto paesaggistico eccezionale, quasi idilliaco. I due volumi di nuova costruzione dall’aspetto scolpito, quasi realmente dedotti da rocce naturali affioranti presentano coperture inclinate.
La vera unicità del progetto sta però non tanto nei volumi prismatici quanto nelle loro connessioni all’edificio esistente che avviene attraverso l’uso sapiente di acciao corten e vetro. La pietra come altro materiale principe del progetto funge da legante tra i vari livelli dell’edificio, dal piano terra fino al piano interrato dei nuovi volumi che funge da parcheggio, e si apre poi verso l’esterno andando a costituire un’ampia area terrazzata dove trovo posto la suggestiva piscina.
Il rapporto con l’esterno e con il paesaggio è continuo e reciprocamente attivo, in un continuo rimando tra la valle e l’oliveto, enfatizzato da un bow-window emergente rispetto alla superfice netta della parete, e rimarcato dall’uso del corten che ritorna anche in copertura lungo le linee di gronda. Così descrive le intenzioni progettuali i progettisti dello Studio Milani:
“Il concetto progettuale segue l’intenzione della messa in scena di un vero e proprio manifesto programmatico, ovvero, quello di poter affidare all’architettura autenticamente contemporanea, e convintamente antivernacolare, la mediazione tra contesto rurale e valore paesaggistico. Particolare attenzione è stata posta al rapporto tra forma e funzione facendo emergere le molte contraddizioni che una selvaggia agrituristizzazione della Toscana ha posto negli ultimi decenni, con conseguenti malintesi di carattere etico, culturale e tecnico. Perché continuare ad usare una forma insediativa pensata per lo più per assecondare i metodi del lavoro mezzadrile oggi scomparsi da decenni? Altro punto centrale del progetto è il tentativo di superare il pretestuoso antagonismo tra bellezza e verità cercando di limitare i formalismi, affidandosi alla spigolosa tridimensionalità della geometria classica, la più adatta alla luce del Tirreno che qui arriva a folate di scirocco”.
Ad opera di Daniel Arsham, presso il cortile del Palazzo Senato a Milano è stato installato un portale, installazione che prende il nome di Divided Layers.
L’insieme risulta assolutamente suggestivo e ha attirato molti esperti del settore e curiosi al palazzo in Via Senato 10. L’artista nella settimana del Design ha promosso il brand Kohler attraverso quella che potremmo chiamare arte esperienziale, un’opera immersive che consente di essere attraversata in una sorta di catartico processo artistico percettivo ed interiore.
L’occasione è anche il lancio da parte del brand del lavello progettato dallo stesso artista e che prende il nome di Rock.01. Si tratta di un lavello interamente stampato in 3D e frutto della collaborazione già dal 2021 dell’artista newyorkese e dell’azienda leader nel design e nell’innovazione. Una tecnologia quella della stampa 3d della porcellana vitrea all’avanguardia che asseconda le esigenze di design dell’artista, dedito a forme complesse. Il riferimento al nuovo prodotto viene esplicitato dall’installazione, Divided Layers prende il nome proprio dalla sovrapposizione di piani di argilla o layers per la stampa 3d. Come afferma l’artista:
"Il flusso dell'acqua viene sperimentato sia nello spazio negativo che in quello positivo, indipendentemente dalla 'funzione' di una forma, in Divided Layers, i visitatori sperimentano di essere all'interno del lavandino, è come se il fruitore diventasse un pezzo funzionale dell'oggetto di design."
Uno specchio d’acqua con al centro un passaggio introduce al tunnel costituito da sette pannelli posti in successione, i sette pannelli riportano l’ingombro del volume del prodotto al negativo, quindi una inversione della matericità. Nella parte interna prosegue lo specchio d’acqua che funge anche da moltiplicatore degli spazi.
Uno degli obiettivi dell’artista era proprio quello di concedere ai visitatori un nuovo punto di vista dello spazio ed allo stesso tempo trasmettere una sorta di smaterializzazione dello stesso.
L’inserimento poi all’interno del palazzo storico rende il tutto ancora più efficace, un contrasto di successo, che vede inoltre riproporre il ritmo delle colonne delle balconate nella successione dei sette pannelli.
Un progetto dell’architetto Andrew Trotter, con sede a Barcellona, esprime tutto lo stile del progettista integrandosi alla perfezione nel suo contesto all’insegna della purezza delle forme e della matericità del luogo.
Borgo Gallana, questo il nome della struttura, si trova ad Oria nella provincia di Brindisi consta di tre blocchi abitativi indipendenti circondati da ulivi a destinazione ricettiva. Il progetto si sviluppa a partire da due strutture esistenti che vengono poi connesse da una corte e da scale laterali. Si è cercato di mantenere il più possibile delle strutture preesistenti a meno di una volta degli anni ’70 in pessimo stato. Committente dell’opera è un giovane del posto che ha deciso di investire in questo grande patrimonio che è il territorio pugliese:
“Questo progetto nasce dal desiderio di far vivere agli ospiti di Borgo Gallana quello che ho vissuto e che continuo a vivere oggi, una Puglia semplice ed autentica fatta di tradizione contadina e di natura. Oria, il paesino di Borgo Gallana, è uno dei più antichi luoghi della Puglia, di origini medievali, rimasto ancora molto autentico e semplice. Quattro anni fa ho deciso di acquistare un terreno nella campagna di Oria, vicino al mio paese natale. Un terreno fatto di 100 alberi d'ulivo e da frutto con all'interno due case in passato abitate da due famiglie, insieme gli animali che sostenevano il lavoro e l'economia delle famiglie. I due casolari presentavano degli elementi architettonici interessantissimi che hanno ispirato tutto il progetto realizzato da Andrew Trotter, come il vecchio camino, le volte a stella, le panche in muratura, i muri di calce senza intonaco e il pavimento in cemento industriale.”
Oltre all’ampliamento che ha permesso la realizzazione del terzo appartamento è stata risistemata l’area esterna con l’aggiunta di una corte che cinge i tre appartamenti con un giardino mediterraneo e una piscina. Non manca tuttavia la privacy, sono stati previsti infatti anche spazi esclusivi per ogni appartamento con giardini, cucina e vasche esterne.
A dominare è il bianco del tufo che è il materiale prevalentemente utilizzato, all’interno invece i pavimenti sono in cemento e le volte a stella. Anche l’arredo è stato curato nei minimi dettagli con cucina e lavabi realizzati in muratura e su misura, uno stile vintage invece è stato scelto per tavoli, sedie, ceramiche e lampade. La luce naturale che rende confortevoli gli ambienti interni è stata favorita dalle grandi aperture ad arco che consentono anche un’adeguata vista sul giardino.
Altro aspetto importante è stato il coinvolgimento di maestranze locali, le cui competente risultano fondamentali per la realizzazione di progetti simili, con l’impego di materiali specifici e specifiche tecniche di realizzazione.
Il progetto “Quattro volte” di Stefano Boeri è stato realizzato in occasione della mostra dal nome “Chi è di scena! Cento anni di spettacoli a Ostia Antica (1922-2022)”, aperta dal 22 maggio 2022.
In particolare, il teatro romano è al centro dell’allestimento che vede l’intervento dell’archistar coniugando archeologia ed innovazione. Lo studio di Stefano Boeri architetti era già intervenuto lo scorso anno nel progetto di accesso alla Domus Aurea a Roma. La mostra curata da Alessandro D’Alessio, Nunzio Giustozzi e Albero Tulli è promossa dal Parco archeologico di Ostia antica e dalla realtà editoriale di Electa.
Si tratta di quattro stanze voltate e semiaperte che ospitano materiali multimediali e d’archivio relativi alla vita del teatro romano stesso, 100 anni di storia che vengono messi nuovamente in scena in altre forme. Si differenziano l’una l’altra in base al percorso espositivo e a seconda del periodo storico di riferimento, partendo dall’antico fino ad arrivare ai giorni nostri; infatti, il teatro è ancora oggi in uso. Le quattro stanze rievocano gli ambienti voltati del deambulatorio esterno del teatro, tuttavia, sono realizzate con materiali e tecnologie moderne, a dimostrazione della possibilità dell’antico di convivere con il nuovo. Come descrivono i progettisti:
“Se da un lato il modulo espositivo si ispira all’aspetto originario del teatro romano, in particolare alla forma archetipica dell’arco a tutto sesto, dall’altro mantiene un carattere di indipendenza, senza l’intenzione di proporre una ricostruzione filologica degli elementi mancanti della struttura antica.”
I materiali impiegati oltre a soddisfare criteri di resistenza agli eventi atmosferici garantiscono una certa sicurezza per i materiali esposti. La struttura di base è costituita da elementi tubolari di 80x80 mm rivestiti mentre gli accessi sono schermati da tende oscuranti. In considerazione della particolare sensibilità degli oggetti esposti quali abiti di scena e materiale cartaceo era indispensabile curarne anche l’illuminazione interna, oltre che la schermatura dal sole, per cui le vetrine presentano LED ad incasso e un sistema di controllo dei valori di umidità e temperatura.
Particolare rilevanza hanno i modellini in scala di Mario Sironi e Duilio Cambellotti, hanno poi collaborato alla raccolta di tutti i materiali esposti gli archivi della Biblioteca Museo Teatrale SIAE, dell’INDA, di Cinecittà Luce e materiali provenienti da collezioni private come la Collezione Andrea Sironi-Strauβwald.
Lo scavo estensivo del teatro che oggi ospita fino a 2800 spettatori fu condotto nel 1926 dall’archeologo Guido Calza, ma i primi lavori risalgono al 1880/1881 da parte di Rodolfo Lanciani, scavi fondamentali che hanno portato al rinvenimento delle epigrafi che hanno permesso la datazione del teatro stesso all’età augustea.